Persa/Ritrovata
Utente di lunga data
La lettera del giorno Martedì, 3 Luglio 2007
I ricatti morali (quelli veri) - Alla dott.ssa Schelotto
Gentile Dottoressa,
La seguo nel forum e leggo i suoi libri. Le devo un grazie per la sua alta professionalita' e sensibilita'. Per questa ragione, sono a chiederle un parere per quanto sta accadendo nella mia vita direttamente ed indirettamente.
Non mi sento una di "ed io tra di voi" .L' ho conosciuto , gia' in fase di separazione, con una situazione famigliare davvero incredibile e insostenibile. Non mi soffermo sui particolari per assicurarle che purtroppo (per lui) e' tutto vero quanto mi racconta . La moglie e'una persona che soffre di depressione da
tanti anni, e nel passato con anche problemi di salute risolti ma che l'hanno resa ancora piu'fragile. Pur consapevole che la loro crisi matrimoniale oramai cronica (per sua stessa ammissione)quindi irrecuperabile non accetta la separazione . Purtroppo e' veramente difficile per lui, portare avanti la scelta di lasciare la casa coniugale, con la consapevolezza della gravita' e del peggioramento della malattia della moglie. Personalmente provo molta pena per lei, ma anche tanto dispiacere per lui e per me. Sento che non c'e' via di uscita.
E allora mi domando e le domando, gentile Dottoressa, come si puo' trattenere tra le mura di casa una persona con la quale non si condivide piu' nulla con il ricatto morale (mi passi il termine forte) di una malattia cosi' importante, che ad oggi e' controllata con farmaci a dosi elevate. Le aggiungo che la signora e' stata in terapia psicologica per anni, ma a quanto pare non ha voglia o non ce la fa a reagire.
Nel frattempo, cerco di dare a lui un po' di quella tranquillita' e trasmettergli la mia gioia di vivere. Quando siamo insieme, sta bene, stiamo bene. E vorrei essere la sua compagna alla luce del sole, ma mi rendo conto che e' un desiderio quasi irrealizzabile. Ed ecco che a volte mi fermo un attimo a pensare pensare ..... e se fuggissi?
Sono dispiaciuta per lui, per lei, per i loro figli ed anche per me.
Ma come posso abbandonarlo proprio ora che ha bisogno di me? Non mi sento la sua amante, non mi sento la sua compagna, ma neppure un'amica o forse un po'di tutto.
Ho riflettuto cara dottoressa, ed ho pensato di stabilire un termine dentro di me...! Se nulla cambiera' piano piano mi dovro' staccare e scegliere una nuova vita, con o senza di lui.
La ringrazio in anticipo se potra' rispondermi.
Elisa
Elisa
Risposta
Provi a vedere le cose da un altro punto di vista: finchè il suo amato riuscirà ad avere parentesi di vita e di tranquillità fuori casa senza far la fatica di domandarsi cosa vuol fare della sua vita, non farà sforzi per cambiare la situazione. In altri termini lui non si stacca proprio perchè trova in lei quello che gli manca e dunque non dovrà fare la fatica di mettersi in discussione. Insomma provi a verificare la possibilità che in questa storia lei sia un puntello, il pezzo di cartone che si mette sotto la gamba di un tavolino per non farlo traballare...Le faccio molti auguri.
I ricatti morali (quelli veri) - Alla dott.ssa Schelotto
Gentile Dottoressa,
La seguo nel forum e leggo i suoi libri. Le devo un grazie per la sua alta professionalita' e sensibilita'. Per questa ragione, sono a chiederle un parere per quanto sta accadendo nella mia vita direttamente ed indirettamente.
Non mi sento una di "ed io tra di voi" .L' ho conosciuto , gia' in fase di separazione, con una situazione famigliare davvero incredibile e insostenibile. Non mi soffermo sui particolari per assicurarle che purtroppo (per lui) e' tutto vero quanto mi racconta . La moglie e'una persona che soffre di depressione da
tanti anni, e nel passato con anche problemi di salute risolti ma che l'hanno resa ancora piu'fragile. Pur consapevole che la loro crisi matrimoniale oramai cronica (per sua stessa ammissione)quindi irrecuperabile non accetta la separazione . Purtroppo e' veramente difficile per lui, portare avanti la scelta di lasciare la casa coniugale, con la consapevolezza della gravita' e del peggioramento della malattia della moglie. Personalmente provo molta pena per lei, ma anche tanto dispiacere per lui e per me. Sento che non c'e' via di uscita.
E allora mi domando e le domando, gentile Dottoressa, come si puo' trattenere tra le mura di casa una persona con la quale non si condivide piu' nulla con il ricatto morale (mi passi il termine forte) di una malattia cosi' importante, che ad oggi e' controllata con farmaci a dosi elevate. Le aggiungo che la signora e' stata in terapia psicologica per anni, ma a quanto pare non ha voglia o non ce la fa a reagire.
Nel frattempo, cerco di dare a lui un po' di quella tranquillita' e trasmettergli la mia gioia di vivere. Quando siamo insieme, sta bene, stiamo bene. E vorrei essere la sua compagna alla luce del sole, ma mi rendo conto che e' un desiderio quasi irrealizzabile. Ed ecco che a volte mi fermo un attimo a pensare pensare ..... e se fuggissi?
Sono dispiaciuta per lui, per lei, per i loro figli ed anche per me.
Ma come posso abbandonarlo proprio ora che ha bisogno di me? Non mi sento la sua amante, non mi sento la sua compagna, ma neppure un'amica o forse un po'di tutto.
Ho riflettuto cara dottoressa, ed ho pensato di stabilire un termine dentro di me...! Se nulla cambiera' piano piano mi dovro' staccare e scegliere una nuova vita, con o senza di lui.
La ringrazio in anticipo se potra' rispondermi.
Elisa
Elisa
Risposta
Provi a vedere le cose da un altro punto di vista: finchè il suo amato riuscirà ad avere parentesi di vita e di tranquillità fuori casa senza far la fatica di domandarsi cosa vuol fare della sua vita, non farà sforzi per cambiare la situazione. In altri termini lui non si stacca proprio perchè trova in lei quello che gli manca e dunque non dovrà fare la fatica di mettersi in discussione. Insomma provi a verificare la possibilità che in questa storia lei sia un puntello, il pezzo di cartone che si mette sotto la gamba di un tavolino per non farlo traballare...Le faccio molti auguri.